sabato 29 marzo 2014

Pratica democratica dell'egemonia

Sempre dal libro

Traduco questo brano (i corsivi sono degli autori) che parla di come si può esercitare l’egemonia in modo democratico (un altro brano spiega come la si può esercitare invece in modo autoritario, ma non mi pare così necessario tradurlo).
Pratica democratica. Come abbiamo indicato, il terreno della ricomposizione egemonica porta un potenziale per l’espansione e l’approfondimento democratico della pratica politica socialista. Senza l’egemonia, la pratica socialista può concentrarsi solo sulle istanze e gli interessi della classe operaia. Ma nella misura in cui lo spostamento delle tappe [della marcia verso il socialismo, NdT] impone alla classe operaia di agire su un terreno di massa, deve mollare il suo ghetto di classe e trasformarsi nell’articolatrice di una molteplicità di antagonismi ed istanze che vanno oltre se stessa. Da tutto quello che abbiamo detto, è evidente che l’approfondimento di una pratica democratica di massa – che snobba le manipolazioni avanguardistiche ed una caratterizzazione esterna [ovvero, che non cambia la natura delle parti coinvolte, NdT] della relazione tra egemonia di classe e compiti democratici – si può ottenere solo se si riconosce che questi compiti non hanno un carattere necessariamente di classe e se si rifiuta completamente la dottrina delle tappe. È necessario rompere con l’opinione per cui i compiti democratici sono legati ad una tappa borghese – solo allora l’ostacolo che impedisce un’articolazione permanente tra socialismo e democrazia sarà eliminato.
Qui inserisco degli “a capo” perché mi pare che questo sia il brano più significativo – i grassetti sono tutti miei:
Quattro conseguenze fondamentali ne derivano: 
Primo, la stessa identità delle classi viene trasformata dai compiti egemonici che si assumono: la rigida linea di demarcazione tra l’interno [l’essenza, NdT] e l’esterno [i rapporti politici, NdT] cade. 
Secondo, nella misura in cui le istanze democratiche delle masse perdono il loro necessario carattere di classe, il campo dell’egemonia cessa di implicare una massimizzazione degli effetti basata su un gioco a somma zero tra le classi; ed è anche chiaramente insufficiente la nozione di ‘alleanza di classe’, dacché l’egemonia presume la costruzione dell’identità stessa degli agenti sociali, e non solo una coincidenza razionalistica degli ‘interessi’ tra agenti precostituiti. 
Terzo, il campo della politica non può più essere considerato una ‘rappresentazione degli interessi’, dato che la cosiddetta ‘rappresentazione’ modifica la natura di ciò che è rappresentato. (Infatti, la stessa nozione di rappresentazione come trasparenza diventa insostenibile. Quello che qui si mette in discussione è nientedimeno che il modello base/sovrastruttura). 
Infine, nella misura in cui l’identità degli agenti sociali cessa di costituirsi esclusivamente attraverso il loro inserimento nei rapporti di produzione, e diviene un’articolazione precaria tra diverse posizioni soggettive, quella che viene implicitamente messa in discussione è l’identificazione tra agenti sociali e classi.
Rammento che il mio obbiettivo non è il socialismo; ciononostante le parole che ho citato sono preziose per chiunque voglia praticare la democrazia politica.

E sono anche un appello a sbarazzarsi dell’essenzialismo: esso non impronta soltanto la filosofia degli arcobalenofobi, che vogliono un mondo in cui ogni persona abbia alla nascita un’identità ed un compito immutabili, ma anche quella di una parte del movimento femminista ed LGBT, quella che ogni anno si copre di obbrobrio con il Michigan Womyn's Music Festival, quella che usa l’argomento del “non possiamo non essere così” – una strategia di corto respiro che finisce con il ghettizzare chi vi ricorre.

Raffaele Ladu
29 Marzo 2014

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